lunedì 6 settembre 2010

INFORTUNIO IN ITINERE E RISARCIMENTO DEL DANNO

INFORTUNIO IN ITINERE E RISARCIMENTO DEL DANNO
La definizione di “infortunio in itinere” è contenuta nell'art. 12 del D. Lgs. 38/2000, che recita:
"Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purchè necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l'assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.".

Tale definizione deve essere interpretata alla luce degli orientamenti giurisprudenziali, per cui si rimanda alle Sentenze della Corte di Cassazione citate di seguito, che si riportano in estratto:
Cassazione n.11417/09
Costituisce orientamento interpretativo acquisito di questa Suprema Corte che il rischio elettivo, quale limite all'indennizzabilità degli infortuni sul lavoro, è ravvisabile, per richiamare una definizione sintetica ricorrente, solo in presenza di un comportamento abnorme, volontario ed arbitrario del lavoratore, tale da condurlo ad affrontare rischi diversi da quelli inerenti alla normale attività lavorativa, pur latamente intesa, e tale da determinare una causa interruttiva di ogni nesso fra lavoro, rischio ed evento secondo l'apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (cfr. ad es. Cass. n. 15047/2007; Cass. n. 15312/2001; Cass. n. 8269/1997 ; Cass. n. 6088/1995).
Più in particolare, per configurare il rischio elettivo secondo la definizione descritta, viene richiesto: a) che il lavoratore ponga in essere un atto non solo volontario, ma anche abnorme, nel senso di arbitrario ed estraneo alle finalità produttive; b) che il comportamento del lavoratore sia motivato da impulsi meramente personali, quali non possono qualificarsi le iniziative, pur incongrue ed anche contrarie alle direttive del datore di lavoro, ma motivate da finalità produttive; c) che l'evento conseguente all'azione del lavoratore non abbia alcun nesso di derivazione con l'attività lavorativa.
Nel concorso di tali situazioni, che qualificano in termini di abnormità la causa iniziale della serie produttiva dell'evento infortunistico, il rischio elettivo si distingue, quindi, dall'atto colpevole del lavoratore, e cioè dall'atto volontario posto in essere con imprudenza, negligenza o imperizia, ma che, motivato, comunque, da finalità produttive, non vale ad interrompere il nesso fra l'infortunio e l'attività lavorativa e non ne esclude, pertanto, la indennizzabilità.
Cassazione n.12326/09
Va in generale ribadito (cfr. Cass., sez. lav., 27 gennaio 2006, n. 1712) che, perchè un infortunio occorso a un lavoratore possa ritenersi verificato in occasione di lavoro e, in quanto tale, tutelato dalle specifiche norme di protezione antinfortunistiche, occorre che sussista uno specifico collegamento tra l'evento lesivo e l'attività lavorativa. Ed in particolare - ha precisato Cass., sez. lav., 4 aprile 2005, n. 6929 - ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, anche in caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato deve aversi riguardo a criteri che individuino la legittimità, o meno, dell'uso del mezzo in questione secondo gli "standards" comportamentali esistenti nella società civile e rispondenti ad esigenze tutelate dall'ordinamento, quali un più intenso legame con la comunità familiare ed un rapporto con l'attività lavorativa diretto ad una maggiore efficienza delle prestazioni.
In particolare - ha precisato Cass., sez. lav., 23 maggio 2008, n. 13376 - l'indennizzabilità dell'infortunio subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo privato, la distanza fra la sua abitazione ed il luogo di lavoro, postula: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l'evento, nel senso che tale percorso deve costituire per l'infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda; c) la necessità dell'uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, da accertarsi in considerazione della compatibilità degli orari dei pubblici servizi di trasporto rispetto all'orario di lavoro dell'assicurato, ovvero della sicura fruibilità dei pubblici servizi di trasporto qualora risulti impossibile, tenuto conto delle peculiarità dell'attività svolta, la previa determinazione della durata della sua prestazione lavorativa.

Per quanto riguarda, invece, il risarcimento del danno patito e l'intervento dell'Inail occorre distinguere tre diverse ipotesi, in base alla gravità della lesione:

1. in caso sia inferiore al 6% di invalidità: l'Inail non corrisponde nessun indennizzo per danno biologico e nessun indennizzo per danno patrimoniale;
2. dal 6% al 15% di invalidità: l'Inail indennizza il danno biologico in capitale, nessun indennizzo per conseguenze patrimoniali
3. sopra il 15% di invalidità: L'Inail indennizza il danno biologico in rendita, con un ulteriore quota di rendita per le conseguenze patrimoniali.

1) Nel primo caso, quindi di lesione inferiore al 6%, non essendoci nessun intervento da parte dell'Inail, occorrerà evidentemente chiedere il risarcimento di tutti i danni al responsabile del danno o alla società assicuratrice tenuta al risarcimento in base alle norme di legge in ambito r.c.a.
2) In particolare, nel caso di lesione tra il 6% e il 15%, il legislatore ha previsto che l'Inail versi un indennizzo in capitale. A tal proposito sono state approntate una tabella per le menomazioni e una tabella di indennizzo (aggiornate con decreto del 2009).
3) Nel caso, in fine di lesione superiore al 15%, è invece previsto un indennizzo in rendita nonchè un ulteriore quota di indennizzo in rendita relativa alle conseguenze patrimoniali presunte. A tal proposito è stata predisposta una apposita tabella dei coefficienti. il coefficiente si applica alla retribuzione effettivamente percepita dal soggetto (entro i limiti, sia nel minimo che nel massimo, previsti dal Testo Unico Inail).

Occorre sottolineare che l'Inail non risarcisce tutti i danni, ma solo il danno biologico, e secondo una definizione di danno biologico (si veda l'art.13 del d.lgs 38/00,) che è diversa da quella utilizzata dal legislatore nel settore della R.C.A., secondo una tabella diversa da quella usata in R.C.A. e con due modalità diverse a seconda che la lesione sia inferiore o superiore al 15%.

A ciò consegue che il danno biologico così indennizzato non corrisponde al danno biologico in ambito r.c.a. ed inoltre le altre voci di danno (ad es: il danno morale) non vengono comunque pagate da Inail.

Pertanto occorrerà rivolgersi al responsabile civile e/o alla sua assicurazione, per chiedere il risarcimento del danno del danno c.d. "differenziale". (TRIBUNALE DI MONZA Sentenza n° 1828/ 2005 del 7-16 giugno 2005- R.G. n.114/04).
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Per eventuali informazioni – avv. Roberto Accossato – robertoaccossato@libero.it
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TRIBUNALE DI MONZA
Sezione IV Civile
G.U. dott. PIERO CALABRO’
Sentenza n° 1828/ 2005 del 7-16 giugno 2005- R.G. n.114/04
RESPONSABILITA’ CIVILE – INCIDENTE STRADALE – DANNO BIOLOGICO – RISARCIMENTO DEL DANNO ED EROGAZIONE INDENNITARIA INAIL EX ART 13 DLG 38/2000 – DIFFERENZE – RISARCIBILITA’ DEL DANNO DIFFERENZIALE - SUSSISTONO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 30.12.2003 C.C. conveniva in giudizio, innanzi a questo Tribunale, S.R. e la ALFA. Assicurazioni spa per sentirli condannare al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza dell’incidente stradale avvenuto il giorno 6.2.2002 in Cinisello Balsamo.
Deduceva l’attrice che, nella predetta occasione, mentre si apprestava ad ultimare l’attraversamento pedonale della via U. Giordano all’altezza del civico n.3, era stata investita dall’autovettura XXX YYY tg. 00000 (condotta dal proprietario S.R. e garantita per la RCA dalla ALFA. Assic.spa).
La compagnia convenuta, ritualmente costituitasi in giudizio, contestava l’avversa domanda solo in relazione al quantum debeatur e chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in giudizio dell’INAIL.
Benchè ritualmente citato, il convenuto S.R. non si costituiva in giudizio, rendendosi pertanto contumace.
Ritualmente evocato nel processo dalla compagnia ALFA Assicurazioni spa, l’INAIL si costituiva in giudizio spiegando domanda riconvenzionale di condanna di entrambi i convenuti al solidale rimborso delle somme erogate all’attrice in conseguenza del sinistro, pari ad € 42.729,05.
Inutilmente disposto il tentativo di conciliazione, compiutamente trattato ed istruito il processo (anche mediante l’ausilio di una CTU medico-legale) e precisate, come in epigrafe, le conclusioni delle parti , la causa era trattenuta per la decisione dal G.I. in funzione di giudice unico ex artt.50ter e 281 quinquies CPC.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, in rito, deve essere dichiarata la contumacia del convenuto S.R., non costituitosi in giudizio, benchè ritualmente citato.
Ancora in via preliminare di rito, deve essere dichiarata la inammissibilità della domanda “riconvenzionale” spiegata dall’INAIL nei confronti dello stesso S.R.: essendo, infatti, il convenuto contumace rimasto estraneo alla evocazione in giudizio del terzo chiamato, incombeva a quest’ultimo provvedere, quantomeno, alla notificazione allo stesso S. della comparsa di risposta contenente la domanda riconvenzionale.
Nel silenzio del codice di rito, in effetti, il terzo chiamato avrebbe dovuto instaurare correttamente il contraddittorio con il convenuto S.R. avvalendosi della facoltà di chiamata in giudizio disciplinata dagli artt.167 ultimo comma e 269 CPC.
L’ INAIL, invece, non solo non ha espletato tale adempimento procedurale, ma neppure ha ritenuto di potersi avvalere della facoltà processuale alternativa, talvolta riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità in vigenza del precedente codice procedurale (vedasi Cass.25.2.1963 n.466), di proposizione della domanda riconvenzionale anche nei confronti del convenuto “mediante notificazione personale nel caso di contumacia del medesimo”.
La scelta processuale omissiva, operata dal terzo chiamato, oltre che impedire l’adozione dei rimedi di cui all’art.164 CPC, impone al giudicante il rilievo d’ufficio della palese violazione del contraddittorio in tal modo perpetrata (vedasi Cass.2.4.1996 n.3060, alla luce della quale “le nullità conseguenti alla violazione del contraddittorio sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio...”), tantopiu’ che la contumacia dello S. impedisce di ritenere anche solo implicitamente accettato il contraddittorio sulla domanda riconvenzionale (vedasi Cass.14.4.1994 n.3475, secondo la quale “il mero silenzio serbato dalla parte in ordine alla domanda riconvenzionale irritualmente proposta non implica accettazione del contraddittorio...”).
Venendo, ora, all’esame del merito della controversia, la domanda attrice deve ritenersi fondata ed accoglibile, entro i limiti di cui appresso.
Incontestata in giudizio la esclusiva responsabilità del conducente S.R. nella causazione dell’incidente stradale occorso al pedone C.C. (responsabilità comunque sancita in via presuntiva dalla norma di cui all’art.2054 primo comma CC), non v’è dubbio che le parti convenute debbano essere solidalmente condannate al risarcimento dei danni patiti dall’attrice in conseguenza del fatto illecito de quo.
Relativamente al quantum debeatur, l’espletata CTU medico-legale ha consentito di acclarare che l’attrice ebbe a soffrire, in conseguenza del sinistro, di lesioni che comportarono un periodo di temporanea inabilità totale di gg.60, parziale di gg.60 al 75%, gg.60 al 50% e gg.165 al 30%, postumi permanenti incidenti in misura del 25% sulla sua integrità biologica ed in misura del 12-13% sulla sua capacità lavorativa specifica, nonché esborsi per spese mediche e di certificazione pari a complessivi € 801,00 .
Applicando i noti criteri liquidativi elaborati dal Tribunale di Milano (“Tabelle 2004”) dovrebbero essere riconosciute a parte attrice, ai valori monetari attuali, le seguenti somme:
-Euro 3.099,00 (Euro 51,65 al dì x gg.60) a titolo di danno biologico da inabilità temporanea totale;
-Euro 6.430,43 (Euro 38,74 al dì x gg.60 al 75% + Euro 25,82 al dì x gg.60 al 50% + Euro 15,495 al dì x gg.165 al 30%) a titolo di danno biologico da inabilità temporanea parziale;
-Euro 57.428,46 (età anni 51 all’epoca del sinistro; perc.25%) a titolo di danno biologico permanente;
-Euro 22.319,30 (un terzo del danno biologico temporaneo e permanente) a titolo di danno morale;
-Euro 11.271,46 a titolo di danno permanente alla capacità lavorativa, liquidato in misura pari a quanto richiesto dalla danneggiata in comparsa conclusionale, secondo i noti criteri del c.d. calcolo tabellare, mediante l’applicazione di un coefficiente di sopravvivenza pari a 13,339 (secondo le tabelle di cui al RD 9.10.1922 n.1403) e del conseguente notorio scarto tra vita fisica e vita lavorativa, di una percentuale di incapacità lavorativa permanente del 12,5% e di un reddito annuo pari ad € 13.000,00 .
Le spese mediche possono essere liquidate in € 801,00 (come da CTU).
Nulla, invece, dovrebbe essere liquidato a titolo di danno esistenziale (non avendo l’attrice offerto alcuna dimostrazione dei requisiti ai quali la giurisprudenza di legittimità ne ha subordinato il riconoscimento), nonché per i non provati ulteriori “danni a cose”.
Peraltro, poiché C.C. ha già ottenuto dall’INAIL la liquidazione, in aggiunta alla indennità temporanea (non biologica), degli ulteriori importi di € 15.849,49 a titolo di danno biologico permanente e di € 12.068,33 a titolo di danno patrimoniale (vedasi l’attestazione di credito, doc.2, fasc. terzo chiamato), potranno esserle in questa sede liquidate le sole somme dovute quale ristoro del c.d. “danno differenziale” in relazione agli anzidetti titoli.
Reputa, al riguardo, il Tribunale che tale liquidazione possa essere riconosciuta alla C. mediante una corretta interpretazione della normativa di cui all’art.13 del D.Lgs. 23.2.2000 n.38, senza alcuna necessità di ricorrere allo strumento della rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa dell’attrice.
Ciò, alla luce delle seguenti argomentazioni in diritto.
L'entrata in vigore del D.Lgs 38/2000 (nel cui ambito applicativo rientra il fatto illecito oggetto del presente giudizio, quale infortunio in itinere) ha integralmente modificato il quadro di riferimento giurisprudenziale attinente la liquidazione del danno biologico nell’ipotesi di infortunio sul lavoro.
L'art. 13 del predetto D. Lgs 38/2000 riconduce, infatti, il danno biologico alla copertura assicurativa obbligatoria, prevedendo un'articolata serie di criteri di computo per la sua determinazione e liquidazione.
All’interprete si è immediatamente posto il problema se le somme erogate dall'INAIL, in applicazione dei criteri di calcolo di cui al citato art. 13, siano da considerarsi esaustive del diritto al risarcimento del danno biologico sofferto dal danneggiato/assicurato, oppure se residui in capo al datore di lavoro (ovvero al terzo danneggiante) l'obbligo di risarcire l'eventuale danno "differenziale", inteso quale maggior pregiudizio sofferto in concreto.
Orbene, reputa questo Tribunale di non poter ritenere che, nel caso di specie,l'erogazione operata dall'INAIL quale indennizzo del danno biologico copra integralmente il pregiudizio a tale titolo subito dall’attrice.
In proposito si osserva che, se pur è vero che la liquidazione alla stregua dei parametri di cui al citato art. 13 avviene in misura indipendente dalla capacità di produrre reddito del danneggiato, nondimeno tale norma prevede la definizione del danno biologico solo "in via sperimentale" ed ai soli "fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali".
Per di piu’, la norma previdenziale in esame si pone espressamente quale anticipazione “della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento" ancora oggi attesa e correlata a nuove produzioni legislative.
Questi dati letterali dimostrano che la prospettiva applicativa, esplicitata dallo stesso art. 13 D.Lgs 38/2000, non è quella di definire in via generale e omnicomprensiva tutti gli aspetti risarcitori del danno biologico, ma solo quella di determinarli agli specifici e limitati fini dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.
Ciò appare ancor piu’ vero se si tiene conto che le erogazioni di somme effettuate dall'INAIL sono qualificabili alla stregua di un mero indennizzo, cioè di un istituto che, a differenza del risarcimento, non appare necessariamente riconducibile ad un fatto illecito (contrattuale o aquiliano) e che può, pertanto, prescindere dall'elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e persino dalla individuazione di un responsabile diverso dallo stesso danneggiato.
Anche ex parte creditoris il diritto all'indennizzo erogato dall’INAIL si struttura in modo diverso dal risarcimento del danno:mentre, infatti, il diritto alla rendita erogata dall’Istituto si estingue con la morte dello stesso beneficiario, il diritto al risarcimento entra a far parte del patrimonio ereditario del danneggiato.
Sussistono, inoltre, sostanziali divergenze di riferimento a norme primarie tra l'indennizzo erogato ex art.13 D.Lgs 38/2000 ed il risarcimento del danno biologico: mentre quest'ultimo ha trovato ab origine il proprio riconoscimento nell’articolo 32 della Costituzione ed è tuttora finalizzato a risarcire il danno nella esatta misura in cui si è verificato, l'indennizzo INAIL ha dato applicazione all’art 38 della Costituzione e risponde alla funzione sociale di garantire mezzi adeguati al lavoratore infortunato.
L’evidente diversità strutturale e funzionale, sussistente tra l'erogazione effettuata ex art. 13 D.Lgs. 38/2000 ed il risarcimento del danno biologico, consente di escludere, quindi, che le somme versate dall’INAIL a tale titolo possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo all'infortunato, laddove l'applicazione delle usuali tabelle di liquidazione portino a ritenere sussistente un danno "differenziale" ulteriore rispetto all'ammontare liquidato dall' Istituto.
La palese e marcata differenza sussistente tra l’indennizzo INAIL ed il risarcimento del danno, sotto il profilo della struttura e degli effetti, esclude inoltre l’utilizzabilità dei parametri di cui all’art. 13 quali riferimenti vincolanti ai fini della liquidazione del risarcimento del danno biologico secondo criteri equitativi.
Alla stregua di tali considerazioni si rileva, quindi, come le prestazioni erogate dall'INAIL nel caso di specie non possano ritenersi satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico sofferto da C.C., mentre risultano esserlo quanto al danno patrimoniale (identificabile con il danno alla capacità lavorativa specifica) richiesto dall’attrice in comparsa conclusionale in misura (€ 11.271,46) addirittura inferiore a quanto già erogato dall’INAIL (€ 12.068,33).
Ne consegue che il danno biologico differenziale sofferto dall’attrice debba essere liquidato, ai valori attuali, in € 41.578,97 (cioè € 57.428,46 - € 15.849,49), senza alcuna necessità di rimettere al “Giudice delle Leggi” la eccepita questione di legittimità costituzionale dell’art.13 del Decreto Legislativo 23.2.2000 n.38.
I convenuti, in definitiva, debbono essere solidalmente condannati al pagamento, in favore dell’attrice, della residua somma di € 38.378,70 (€ 3.099,00 + € 6.430,43 + € 41.578,97 + € 22.319,30 + € 801,00 - € 35.850,00 già versati da ALFA Assicurazioni spa a titolo di acconto : docc.4-5-6 fasc.convenuta) oltre agli interessi legali sull’intero importo inizialmente dovuto dal fatto (6.2.2002) al saldo, previa detrazione dal capitale degli acconti di volta in volta versati dalla compagnia convenuta.
Non rimane, infine, al giudicante che procedere all’esame delle pretese risarcitorie (per danno morale e danno esistenziale) svolte in giudizio da B.S.
Per le medesime ragioni esplicitate nel disattendere l’analoga richiesta svolta dall’attrice, non potrà essere liquidato all’intervenuto alcun importo a titolo di danno esistenziale (non avendo B.S. offerto alcuna dimostrazione dei requisiti ai quali la giurisprudenza di legittimità ne ha subordinato il riconoscimento),
Quanto, invece, al risarcimento del danno morale chiesto dall’intervenuto in proprio, si ricorda preliminarmente come l'effettiva sussistenza di tale diritto risarcitorio appaia agevolmente affermabile sulla scorta dell'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, che riconosce ai prossimi congiunti di un soggetto leso il diritto al risarcimento del danno anche in assenza del decesso dell'infortunato, come conseguenza diretta e immediata del fatto lesivo (così Cass. SS.UU. 22.5.2002, n° 2002).
Deve, pertanto, qualificarsi come innegabile il diritto al risarcimento del danno morale in capo a B.S. (quale marito convivente dell’attrice), in considerazione dell'indubbia valenza emotiva che può aver comportato (e comporta) il fatto che C.C. si trovi nelle gravi condizioni di salute accertate dal CTU.
Tale titolo di danno, in considerazione del rapporto di coniugio con la danneggiata, può essere liquidato in via di equità e congruità nella misura di € 10.000,00 ai valori monetari attuali.
I convenuti, per ciò, debbono essere solidalmente condannati al pagamento, in favore dell’intervenuto, della sola somma di Euro 10.000,00 oltre agli interessi legali dal fatto (6.2.2002) al saldo.
Infine, la compagnia assicuratrice convenuta dovrà essere condannata al pagamento in favore dell’INAIL, a titolo di surroga ex artt.1916 e 2043 CC, della incontestata complessiva somma di € 42.729,05 (doc.2 fascicolo terzo chiamato), oltre agli interessi legali dalla messa in mora (lett.17.9.2003, doc.5) al saldo e con esclusione della richiesta rivalutazione monetaria (trattandosi di credito meramente pecuniario).
Le spese processuali (ivi comprese quelle di CTU e di CTP) seguono la soccombenza dei convenuti nei confronti dell’attrice e dell’intervenuto in ragione della metà, previa declaratoria di compensazione inter partes della rimanente metà, atteso l’accoglimento solo parziale delle loro domande.
La convenuta ALFA Assicurazioni spa dovrà, invece, essere condannata a rifondere integralmente le spese processuali sostenute all’INAIL, che ha ottenuto l’integrale accoglimento della propria domanda.
La presente sentenza deve essere munita della clausola di provvisoria esecutività di cui all’art.282 CPC.
p.q.m.
Il Tribunale, pronunziando sulle domande proposte con atto di citazione notificato in data 30.12.2003 da C.C. nei confronti di S.R. e di ALFA Assicurazioni spa, nonché sulle domande svolte dal terzo chiamato INAIL e dall’intervenuto B.S. nei confronti dei convenuti, così provvede:
1)dichiara la contumacia di S.R.;
2)dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata dal terzo chiamato nei confronti del predetto convenuto;
3)in parziale accoglimento della domanda attrice, condanna le parti convenute al solidale pagamento, in favore di C.C., del residuo importo di € 38.378,70 oltre agli interessi legali con le decorrenze meglio in motivazione specificate;
4)in parziale accoglimento della domanda svolta dall’intervenuto, condanna i convenuti al solidale pagamento, in favore di B.S., della somma di € 10.000,00 oltre agli interessi legali dal 6.2.2002 al saldo;
5)in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dall’INAIL nei confronti di ALFA Assicurazioni spa, condanna quest’ultima al pagamento, in favore del terzo chiamato, della somma di € 42.729,05 oltre agli interessi legali dalla messa in mora (17.9.2003) al saldo;
6)condanna i convenuti al solidale pagamento di metà delle spese processuali in favore dell’attrice e dell’intervenuto, rispettivamente liquidata nella misura di € 4.214,00 (di cui € 214,00 per esborsi, € 850,00 per diritti ed € 3.150,00 per onorari) e di € 1.147,00 (di cui € 47,00 per esborsi, € 300,00 per diritti ed € 800,00 per onorari),oltre spese generali, IVA e CPA, dichiarando inter partes compensata la rimanente metà;
7)condanna ALFA Assicurazioni spa all’integrale pagamento delle spese processuali in favore dell’INAIL, liquidate in € 3.523,00 (di cui € 523,00 per diritti ed € 3.000,00 per onorari), oltre spese generali, IVA e CPA;
8)pone le spese di CTU e CTP a carico definitivo delle parti convenute in misura della metà, dichiarando compensata la rimanente metà tra le predette parti e l’attrice;
9)dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva;
10)visti gli artt.59 e 60 del DPR n.131/1986, indica nelle parti convenute, tenute al risarcimento del danno, i soggetti nei confronti dei quali deve essere recuperata l’imposta eventualmente prenotata a debito.
MONZA, 7.6.2005
IL GIUDICE UNICO
(dott. Piero Calabrò)

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